RITORNA VINCITOR - Mostra Personale del Maestro Silvio Craia
Mostra a cura di Daniele Taddei, testi in catalogo di Loredana Finicelli e Giuliana Pascucci.
La mostra sarà aperta fino al 22 gennaio 2018.
MEMORIES OF TIME - Mostra Personale a Spoleto
MEMORIES OF TIME
Mostra Personale a cura di Daniele Taddei
Opening 25 november 2017
25 novembre 2017 - 14 January 2018
Hotel CLitunno - Spoelto
URBANA TEXTURE a Spoleto Festival Art 2017
URBANA TEXTURE
Storie soggettive di città
a cura di Loredana Finicelli
22 - 25 settembre 2017
Esposizione collettiva di arte contemporanea a Palazzetto Pinciani a Spoleto
Sembianze di memoria
Smarrirsi nel buio e vedere la luce, calarsi nell’arcano e trovare la verità, indagare la coscienza e scoprire un flusso ritornante di emozioni, ricordi, suggestioni. E di sentimenti antichi mai dimenticati che tornano a manifestarsi con viva spontaneità e limpida freschezza, assecondando un impulso espressivo che infonde alla pittura una solennità e una spiritualità quasi religiose. Sono proiezioni dell’animo, sembianze di memoria che affiorano dal profondo e si stabilizzano in morfologie che hanno il dono della novità e dello stupore come per una fulgida epifania che fuga le ombre e rende leggibile la profezia. In questo spazio mentale e psicologico si svela l’estro creativo dell’artista portato per naturale inclinazione ad ascoltare il silenzio, coltivare la solitudine, interrogare se stesso e il volto d’altri in una congiunzione ideale e simbolica, tesa a svilupparsi in piena libertà e autonomia, lontano dagli accademismi e dai condizionamenti mercantili. Schivo e intuitivo, come lo sono per etnia e costume i marchigiani, Leonardo Serafini dipana il suo verbo pittorico con grande personalità e cifra stilistica. Autodidatta per vocazione, si muove nell’area dell’astrazione e dell’informale, senza abbandonare del tutto il mito razionalista e figurativo. Questa scelta estetica si commisura a distanza, in modo del tutto inconsapevole e casuale, con l’arte informale europea del secondo dopoguerra elaborata da Fautrier, Dubuffet, De Stael, Hartung, Mathieu, Gruppo CoBra, e in particolare da Burri, Afro, Romiti, Moreni e Soulages che sente più congeniali al suo modo di essere e di pensare. E’ sorprendente rilevare come questo simbiotico rapporto nasca da uno slancio creativo comune che sovverte le regole classiche della mimesi naturale per indagare il mondo interiore dove abitano i pensieri, le emozioni, i sogni dell’uomo. Il “rifiuto della forma” praticato dagli informali determina una frattura emotiva, istintuale, trasgressiva di percezione della realtà, trova il modo cioè di abolire “le barriere tra esistenza e coscienza, tra conscio e inconscio, tra pensiero e azione” (Lorenza Trucchi, 1973), apre nuovi mondi, sino ad allora disattesi, che vibrano di mistero e di suggestione. Animo sensibile e raffinato, Serafini vive in comunione diretta con il suo stato psichico e mentale e riversa sulla tela i propri sentimenti, le proprie emozioni. “Dentro i miei quadri - afferma - ci metto l’anima, impastati con i colori ci sono le mie lacrime”. In realtà nelle sue opere, siano esse dipinti, carte, ceramiche, si riflettono i tormenti, le angosce, le speranze dell’uomo contemporaneo. Sono queste motivazioni esistenziali a rendere la sua pittura come qualcosa di unico e di significante in grado di coniugare l’universo delle realtà mentali e delle insorgenze emotive in una osmosi di realtà e di valori etici. Nella sua pittura nulla è superficiale o lasciato al caso, ogni opera nasce da una idea, un progetto; lo stesso suo automatismo è ponderato, così come il colore espressivo si deposita su uno sfondo armonizzato che lascia spazio al sopravvenire delle urgenze emotive, psicologiche e mentali. La metafisica esistenziale prende corpo e si tramuta in coscienza dell’uomo e poesia dell’universo. Segni-gesti e materia-colore riflettono è vero una condizione psico-fisica, ma aprono anche orizzonti diversi, amalgamati in un contesto visionario e onirico, simbolico e allusivo. E’ il caso dei quadri Città oniriche che l’artista ha recentemente realizzato, ponendo fine ad un ciclo pittorico di libertà e di evasione dove a dominare sono i piani concatenati che sembrano galleggiare in una atmosfera rarefatta, quasi nebulosa, come navicelle sospese nello spazio mentale e immaginario. Sono visioni di paesi lontani sognati e mai posseduti, sembianze surreali che rimandano a “Le città invisibili” di Italo Calvino, città di memoria, città di desiderio, città fantastiche che rispondono al nome di Clio, Melpomene, Talia, città di distruzione bellica come Aleppo (che l’artista eleva a simbolo alto di speranza e di rinascita), o inconsce premonizioni ravvisabili in Quando preghi la pioggia il fango va messo in conto legato al dissesto idrologico e ambientale del nostro territorio. I dipinti di questa mirabile serie trascrivono architetture e costruzioni urbane che si condensano al centro della tela in un gioco ambivalente di luci e di colori, misurate da una simmetria multipla di forme e di piani, sempre ricondotta entro un’aura di languori e tepori evanescenti emergenti dai recessi del sogno e della memoria. I colori rossi, gialli, verdi, blu si stemperano in dissolvenze tendenti all’ocra pallido, al bianco velato, all’azzurro tenero che vanno a determinare singolari campiture di chiarori albeggianti e di foschie autunnali. Sono effetti cromatici suggestivi che l’artista ottiene attraverso un mirato trattamento dei vari supporti usati: carte stropicciate, tele increspate, tavole levigate o raschiate che vengono ripetutamente bagnate e lasciate asciugare allo scopo di ottenere increspature, ondulazioni, scabrosità, linee e segmenti impensati che vanno a sostenere e diversificare l’assetto compositivo del quadro. Le stesse carte, apparentemente fragili e delicate, mostrano una elevata capacità di resistenza e di compattezza. Ancorché deteriorate, sono recuperate, restaurate e utilizzate in quanto portatrici di macchie liquide, aloni e impronte simili all’acquerello. L’immersione in acqua dei materiali è per Serafini un rito quasi sacrale, una sorta di “battesimo” che dona una identità “verginale” altra al supporto, dischiudendo infinite possibilità d’intervento sulla superficie pittorica in cui interagiscono oltre ai colori a olio e acrilico, sottili lamine d’oro, lastre di rame, vernici speciali e ingredienti comuni come bitume, caffè, collanti e solventi, il tutto fuso e amalgamato secondo una particolare tecnica da lui stesso inventata dopo lunghi anni di appassionata ricerca e sperimentazione.
Oltre ad essere un inquieto argonauta dell’arte, Serafini è uno architetto di morfologie tratte dai valori cromatici, un fabbricatore di colore e di luce con cui conferisce alla superficie pittorica volume, espressività, significato. Ne discende a volte una pittura di pure forme che, come le idee platoniche, vivono fuori del tempo, ma sono ugualmente concrete e materiche quanto può esserlo la vita stessa. Il suo stilema cromatico può apparire talvolta denso, grumoso, madido di materia combusta (vedi Santiago de la Ribera e simili), tal’altra levigato, marmoreo, percorso da una luce suadente come avviene nel dipinto Tunnel (ispirato da una esperienza extrasensoriale vissuta) o nella tela Il Moro (dedicata al padre scomparso) permeata da uno scenario incandescente in conflitto con le zone scure e nere del quadro, dove si ravvisano assonanze con la pittura di Caravaggio; sullo sfondo si staglia la silhouette di uno spirito, più che di figura umana, che sembra ascendere verso una grande Croce sospesa nel cielo. Questo simbolo universale di salvezza e redenzione torna a campeggiare come stigma indelebile in altre sue composizioni come Auschwitz, Mundaka, San Pedro, Alicante, Bilbao, Barcellona, My life e nella serie dei dipinti Pearl Harbor dove l’intreccio dei tralicci posti in senso verticale e orizzontale richiama i legni della Croce. Il viaggio visionario e immaginifico di Serafini non finisce qui, ma continua con rinnovato fervore nelle Terre di Spagna: splendide e favolose per se stesse le città andaluse hanno la magica suggestione di un’anomalia, tanto calate sono in smaglianti configurazioni materiche accese dalla solarità mediterranea, illuminate dai colori della vita. Sembrerebbe che l’artista voglia unire, non in tutto ma almeno parzialmente, i metodi dell’Action Painting con quelli del Color Field, trascinando la fantasia in uno spazio che va oltre il diaframma della superficie colorata. In tal modo si realizza una combinazione unitaria tra il paesaggio visitato e il suo equivalente immaginato in quanto determina una armoniosa sintesi pittorica di intensa vitalità e di profondo respiro poetico. La medesima atmosfera emotiva si rileva in Quo vadis, Cardellino, Parole al vento, Smoking, Frastornato, La Parabolica, Logico, In the sky e in tutti gli altri dipinti, e sono veramente molti, che hanno il potere ammaliante di far meditare, piangere e sognare poiché attraversano gli accadimenti contemporanei del mondo e i momenti salienti della nostra esistenza. E se è vero che “la verità è bellezza, la bellezza è verità” (Keats) o che “la bellezza è una promessa di felicità” (Stendhal) pare Logico ribadire il concetto stesso alla luce del significato ispirato che permea la pittura di Leonardo Serafini. La grande bellezza non sta solo nel rincorrere Di segno in materia Il covo dei pirati o l’isola che non c’è, ma di scoprire con Occhi belli, puri, estasiati gli interminti spazi e i sovrumani silenzi de L’infinito sino a toccare con mano amorevole La particella di Dio da cui discende il principio di ogni creazione.
Skylines. Città oniriche e labirinti della memoria.
Ci sono immagini che per la lor natura intrinseca appartengono alla dimensione dello spirito, molto più che a quella ravvisabile della natura; immagini costituite di sostanza psichica, di echi di memorie non sopite, che si riflettono e si rinfrangono sull’immaginario individuale e collettivo, andando a costituire un patrimonio e un repertorio di riferimento.
Sono immagini assai più simili alle visioni che alle vedute, che a volte hanno il rombo del flash, a volte l’afflato lirico della dissolvenza, la lentezza intermittente di una impressione che sfuma in lontananza. Immagini a volte generate da un moto dinamico e vorticoso, a volte adagiate sul crinale impercettibile della evanescenza, pur suggerendo profili noti, riconoscibili all’esperienza di chiunque accetti la sfida di misurare la propria fantasia – lasciando a casa la ragione – con essi.
Skilines dinamici, mossi e fluttuanti, oppure trasparenti come nebbia ed evanescenti come aria, eppure netti, riconoscibili e distinti nell’esperienza di chi guarda e li incamera nella memoria come profili di città immaginarie, attinenti più alla psiche o all’inconscio che alla natura materiale. Sospese in quel limbo di realtà e improvvisazione, in attesa di una decodifica risolutiva che le estragga dal mondo dell’essenza, le città oniriche sono i luoghi del tutto e del niente, del domani improvvisato e di un passato che malgrado tutto resiste.
Le città oniriche di Leonardo Serafini, sono immagini ardenti, che emergono da un mix di spatola pesante e pennello ispirato, in un tripudio di forme mnemoniche e cromatismi esagerati o silenti, così sommessi da arrivare al margine della dissoluzione metafisica.
Perché Serafini è così. Capace di vette e di strapiombi improvvisi. Capace di altezze cromatiche irraggiungibili e poi, a seguire, di discese arditissime lungo le pendici di un colore attonito e di una che esplode e si ricompatta in unico gesto generativo; unico nel condurre il colore allo spasmo, tirandolo al limite estremo del suo ultimo tono, facendolo scomparire nelle sue mille trasparenze e nebbie; unico nel definire la città e il suo profilo con la forza viva dell’immaginazione e, poi, con la stessa, identica, forza, farla deflagrare su stessa.
Marchigiano di nascita e autodidatta di elezione, Leopnardo Serafini è un artista che, pur non essendo emanazione di un contesto accademico e colto, nasce però c on il crisma della tradizione addosso, con impresso il meme della grande avventura artistica mediterranea. Un artista che porta con sé, in modo del tutto innato, un senso del colore e della composizione scenica, che, in parte inconsapevolmente, riflette e rigenera la grande stagione del Neocubismo novecentesco e dell’Informale europeo, versante gesto e materia. Ma è un artista che per la vemenza che lo caratterizza, , per la prorompente forza espressiva che emerge dalle tele, per gli squarci visionari che preludono a scenari underground, non è neanche estraneo a certe suggestioni Neoespressioniste, sebbene prive del carico angoscioso ed esistenziale di quelle prove.
Quale sintesi dei linguaggi della modernità, Serafini modella skylines immaginari, da intendere come espressione dei labirinti della memoria e profili come visioni immaginifiche, altamente ispirate.
In questo, e non solo, Serafini interpreta un desiderio comune di fuga, un’astrazione che allo stesso tempo è forma del reale e recesso magico della immaginazione.
ESCAMOTAGE 1.0
Esposizione a cura della Dott.ssa Loredana Finicelli
Sala Don Andrea Calavolpe - Amalfi
28 maggio - 6 giugno 2017
Inaugurazione Domenica 28 Maggio H. 19.00
Mostra "Sembianze di memoria" - Corridomnia Shopping Park
Mostra di pittura di Leonardo Serafini insieme allo scultore Valerio Valeri
a cura di Daniele Taddei
Inaugurazione giovedì 8 dicembre 2016, ore 18.00
Corridomnia Shopping Park - II piano
8 dicembre 2016 - 8 gennaio 2017
Archeologie Van de Communicatie -- Avezzano
ARCHEOLOGIE VAN DE COMMUNICATIE
Collettiva di arte contemporanea
a cura di Olena Davydovich
Castello Orsini - Colonna, Avezzano
dall'8 al 31 ottobre 2016
Skylines Città oniriche - ARTE
Skylines Città oniriche - Mostra Personale a Roma
skylines - CITTA' ONIRICHE
Personale di Leonardo Serafini
8 - 18 ottobre 2016
3B Gallery - Roma
Inaugurazione sabato 8 ottobre 2016, ore 18.00